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Ascoltando tutti questi interventi mi è tornato in mente un progetto che abbiamo fatto qualche anno fa che abbiamo chiamato la “Maratown”. Abbiamo preso la mappa, siamo partiti da un punto e abbiamo pensato Milano come fosse un grande orologio e quindi abbiamo fatto un più o meno un cerchio di 42 km, come una maratona, e ci abbiamo messo 24 ore a farlo tutto.
Siamo partiti da un quartiere a nord che si chiama Niguarda e ci siamo mossi in senso orario, siamo partiti a mezzanotte e abbiamo toccato tutta una serie di quartieri che erano considerati, nell'immaginario pregiudiziale di chi abita la città, i famosi e famigerati “quartieri di periferia”. Ci siamo ritrovati dopo un quarto di città che ormai erano le 8 del mattino. La gente ha camminato con noi in piena notte, si poteva arrivare, andar via, arrivare alle 10 e andarsene alle 3 del pomeriggio però qualche pazzo se l'è fatto proprio tutto. S'è fatto 24 ore ininterrotte, abbiamo dormito in una cascina portandoci il sacco a pelo e la mattina qualcuno ha portato dei caffè per tutti quanti. Nel momento in cui c'era meno presenza, cioè appunto alle 6 del mattino, eravamo circa 80 persone, nel momento di massima presenza 300. Abbiamo mosso un migliaio di persone in un modo o nell'altro.
Ci siamo ritrovati a un certo punto dall'altra parte della città, completamente a sud a mezzogiorno. Abbiamo trovato un prato come questo davanti una biblioteca e siccome con noi c'era una radio che ci seguiva, abbiamo lanciato un appello: “portate da mangiare” ed è arrivato un sacco di gente che ha portato il formaggio, il pane e ha fatto un picnic insieme a noi. Strada facendo avevamo inventato degli appuntamenti con un musicista, un poeta, un architetto, uno scrittore, un artista e di volta in volta accadevano delle cose. La città si raccontava. Siamo arrivati persino a fare una cena organizzata dagli scout che hanno cucinato per 200 persone (hanno fatto persino una gara con gli studenti d’un Istituto Alberghiero per vedere chi cucinava meglio), per poi tornare a mezzanotte da dove eravamo partiti.
La frase che io ho sentito più frequente in queste 24 ore è stata: “che bello qui, non sembra neanche di stare a Milano”. E invece siamo sempre stati a Milano! Allora la domanda è: qual'è la tua idea di Milano? Tu che mi stai seguendo, casa tua, il tuo luogo di lavoro, la scuola dove porti i figli, la palestra dove vai a fare ginnastica e tutti questi posti li raggiungi in macchina? Quindi tu non sai niente della tua città se non i soliti luoghi deputati: il duomo, il castello, il museo. No! Noi li abbiamo completamente evitati. Quella Milano lì non te l'ho fatta vedere, e quindi tu sei diventato turista della tua città, turista nel senso più nobile del termine cioè come dire che hai fatto un tour - proprio un tour - nella tua città, facendoti apparire una città completamente straniera ai tuoi occhi, completamente fuori dai tuoi luoghi comuni.
Questa è un'operazione di narrazione. Abbiamo cercato una modalità, abbiamo cercato dei colpi di scena, delle scene madri, dei ribaltamenti di campo e delle azioni. Sono tutte tecniche narrative. Quando Nicolas prima diceva “non è importante raccontare la verità ma l'importante è che sia un bel racconto” mi ha fatto tornare in mente una cosa che noi facciamo spesso: arriviamo di fronte a una un grande monumento che si chiama Sant'Ambrogio - dedicato al santo protettore di Milano - che è una meravigliosa cattedrale romanica, una delle più importanti cattedrali romaniche d'Europa, ma noi prima di entrarci ci fermiamo di fronte a una strana colonna che sta là fuori, che non la guarda nessuno e che dopo 700 anni è ancora lì. Non si sa perché sia lì, fuori dalla chiesa. Sta lì così. Quella colonna è un elemento strano, in serpentino, completamente rovinata. Quasi alla base, più o meno all'altezza di un metro, ci sono come due buchi nella colonna e c'è una leggenda che dice che lì Sant'Ambrogio perdeva il suo tempo a leggere, a studiare, a pregare ma era continuamente tentato dal diavolo. E allora, a un certo punto, il diavolo decise di incornare Sant'Ambrogio che però si spostò di scatto. Il diavolo così incastrò le corsa sulla colonna, lasciandoci il segno, ancora visibile.
È vero? Ha importanza? È bello da raccontare perché così ti racconto che cos'è una leggenda, ti racconto che cos'è il medioevo, ti racconto che cos'è l'immaginazione popolare, ti racconto come il popolo ha bisogno di darsi una spiegazione di fronte a due segni, a due buchi in una colonna e cerca di darsi una spiegazione che è fantastica, meravigliosa. Ecco questa è la differenza fra la visita guidata - “alla vostra destra il monumento Insigne del 1200, alla vostra sinistra…” - e invece cercare di raccontare esperienze della città. Quello che noi facciamo quando camminiamo è avere una continua e straordinaria esperienza della metropoli.